Arte

Edward Hopper, la vita e le opere del pittore realista statunitense

Hopper, con le sue opere, riesce a comunicare la solitudine e la malinconia che caratterizzano la società americana del Novecento.

Edward Hopper è un pittore americano noto per “dipingere il silenzio” nelle sue opere: formatosi sotto l’influenza degli impressionisti francesi e affascinato dai paesaggi europei visti nei suoi viaggi, Hopper tornò in patria e sviluppò uno stile unico che gli permise di ritrarre, con grande abilità, la solitudine della società americana del suo tempo, rendendolo uno dei più importanti realisti americani del XX secolo. Scopriamo di più riguardo a questo pittore contemporaneo.

Edward Hopper, la vita e la fama

Le scene vuote o quasi vuote dei suoi quadri, dove i pochi soggetti ritratti hanno uno sguardo perso e sembrano non interagire, caratterizzano il suo realismo.

Gli sfondi e i personaggi dei suoi dipinti sono presi dalla vita quotidiana, ma vanno oltre la loro forma concreta, trasmettendo un senso di solitudine, malinconia e incomunicabilità.

Nato il 22 luglio 1882 a Nyack, una cittadina sul fiume Hudson, Edward Hopper mostrò interesse per il disegno fin dall’età di 5 anni. I suoi genitori, appartenenti alla borghesia angloamericana, incoraggiarono subito le sue abilità artistiche.

“Cinema a New York” di Edward Hopper – Pubblico Dominio – Artepassante.it

 

A 13 anni, dipinse il suo primo quadro raffigurante una barca a remi, che già mostrava il suo interesse per le navi e il mare. Nel 1899 seguì un corso per corrispondenza della New York School of Illustrating e nel 1900 si iscrisse alla New York School of Art. Durante questo periodo dipinse principalmente ritratti e autoritratti, sperimentando con la luce.

Il suo primo viaggio a Parigi, nel 1906, lo avvicinò alla pittura impressionista e ai poeti simbolisti, che lo affascinarono.  Tornato in America partecipò a una mostra collettiva, ma venne ignorato dalla critica. Per mantenersi, accettò un lavoro come illustratore per un’agenzia pubblicitaria, attività che non amava affatto.

Nel 1907, Hopper intraprende un nuovo viaggio visitando Londra, Berlino e Bruxelles. Torna di nuovo a Parigi, dove si dedica a lunghe passeggiate, osservando e lasciandosi ispirare dall’ambiente parigino, dipingendo tutto ciò che lo circonda.

In questo periodo, mentre il cubismo e l’astrattismo si diffondono nel mondo artistico, Hopper conferma la sua predilezione per l’impressionismo.

Nel 1910, l’artista visita anche la Spagna, dove perfeziona l’uso di luci e ombre e approfondisce i temi della solitudine e dell’attesa, centrali in tutte le sue opere.

Tornato in patria, Hopper abbandona le ambientazioni europee che lo avevano ispirato e cerca uno stile più americano, prendendo spunto dalla vita quotidiana, come le strade di New York e le spiagge del New England.

Nel 1913 partecipa all’Armory Show di New York con la sua opera “Sailing” che vende per 250 dollari. Quell’anno muore suo padre, e Hopper si trasferisce al numero 3 di Washington Square, dove vivrà per il resto della sua vita.

In questo periodo mette da parte la pittura per dedicarsi alla tecnica dell’incisione, creando diverse puntesecche e acqueforti molto apprezzate dalla critica.

Entra nel gruppo dei pittori americani indipendenti, con sede al Whitney Studio Club, dove nel 1920 tiene la sua prima mostra personale, esponendo anche la sua opera “Soir bleu”.

Nel 1924, Hopper espone alcuni suoi acquerelli alla Rehn Gallery. La mostra ottiene un grande successo, convincendo sia la critica che il pubblico.

Nello stesso anno sposa l’artista Josephine Verstille Nivison, che diventerà la modella per tutti i personaggi femminili dei suoi quadri successivi.

La fama di Hopper inizia a crescere: nel 1925, la sua opera “Apartment Houses” viene acquistata dalla Pennsylvania Academy, diventando il suo primo dipinto a olio in una collezione pubblica.

Nel 1930, il suo celebre quadro “House by the Railroad” entra nella collezione permanente del MoMA di New York, che tre anni dopo gli dedica una retrospettiva.

Nel 1934 acquista una casa nella penisola di Cape Cod, dove trascorre regolarmente le estati. Questo paesaggio lo ispira tanto da riportarlo in molti dei suoi quadri, raffigurando dune, mare, case caratteristiche e fari.

Nel 1965, dipinge la sua ultima opera “Two Comedians” in cui rappresenta due attori, probabilmente ritratti di lui e Josephine, che salutano il pubblico. Hopper muore nel 1967 a New York, seguito pochi mesi dopo dalla moglie.

L’artista e il realismo americano

Il realismo del pittore americano Hopper si riassume nella sua frase: “non dipingo quello che vedo, ma quello che provo”. I soggetti dei suoi quadri sono reali, ma racchiudono qualcosa di metafisico, evocando un senso di inquietudine e malinconia.

Le scene spesso sono deserte, talvolta con pochi personaggi che non interagiscono. Hopper trasmette un senso di solitudine attraverso le sue opere, dove il silenzio è protagonista.

“Nottambuli”, opera di Edward Hopper – Wikimedia Commons – Artepassante.it

 

Gli sguardi e gli atteggiamenti dei soggetti sembrano rivolgersi verso qualcosa oltre il quadro, che l’osservatore non riesce a percepire.

Hopper caratterizza le donne nei suoi quadri in modo particolare: spesso ritratte seminude sotto il sole, immerse nei loro pensieri o con lo sguardo perso.

Come nelle opere “Automat” e “Il sole di mattina” le figure femminili di Hopper sono impenetrabili e sole, in un’attesa che sembra infinita.

Una delle opere più emblematiche di Hopper è “Nighthawks” (Nottambuli), che esprime l’essenza dell’arte del pittore americano. Ispirata a una scena di vita quotidiana, ritrae una tavola calda notturna con pochi personaggi, vicini fisicamente, ma distanti mentalmente.

Molti registi si sono ispirati a questa opera e al senso di incomunicabilità che trasmette: Wim Wenders in “Crimini invisibili,” Billy Wilder in “Giorni perduti,” e Dario Argento in “Profondo rosso.”

In “New York Movie” la scena è un cinema di New York con pochi spettatori. La luce mette in risalto la maschera, protagonista del dipinto, completamente assorta nei suoi pensieri. Il suo sguardo e la sua posizione trasmettono isolamento e malinconia.

Questa opera ispirò sia la poesia “Edward Hopper’s New York Movie” di Joseph Stanton, sia il film “Road to Perdition” di Sam Mendes. Più recentemente, anche il cantante Franco 126 si è ispirato a Hopper per la copertina del suo disco “Multisala.”

Molte altre opere di Hopper sono state fonti d’ispirazione, soprattutto per il regista Alfred Hitchcock: le scenografie di “Psycho” riprendono l’architettura di “House by the Railroad,” una scena di “La finestra sul cortile” fa riferimento a “Night Windows,” e la protagonista di “La donna che visse due volte” sembra il ritratto della donna sola in “Morning Sun.”

Giulia De Sanctis

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