In questo articolo vedremo la vita e le opere di un importante pittore italiano del ‘500: Alessandro Allori, conosciuto anche come “il Bronzino”
Nato il 31 maggio 1535 a Firenze e deceduto il 22 settembre 1607 nella stessa città, Alessandro Allori è stato un noto pittore italiano. Conosciuto anche con lo pseudonimo “Il Bronzino“, soprannome datogli come omaggio al suo maestro, viene spesso confuso proprio con Agnolo Bronzino (il suo mentore). Essendo stato uno degli ultimi allievi dei pittori manieristi fiorentini, le opere di Allori sono spesso omaggi a artisti come Andrea del Sarto, Fra Bartolomeo, Leonardo da Vinci, Pontormo e soprattutto il Bronzino (Agnolo Bronzino). Ma vediamo tutto quello che c’è da sapere sulla sua vita e sulle sue opere.
Figlio di Cristofano di Lorenzo e Dianora Sofferoni, Alessandro Allori crebbe nell’ambiente della bottega di un amico di famiglia, Agnolo Bronzino, dove entrò quando ancora era un bambino. Già a quattordici anni, era un aiuto autonomo del suo maestro, che, come testimonia Vasari, lo trattava più come un figlio che come un allievo. Nei documenti di pagamento della Storia di Giuseppe a Palazzo Vecchio, eseguita su progetto del Bronzino, “Sandrino Tofano” appare per la prima volta come pittore.
Già nel 1552 dipinse una Crocifissione, oggi dispersa, per Alessandro de’ Medici. Grazie al lavoro per i Medici, ebbe l’opportunità di conoscere le loro collezioni e, con il sostegno del suo maestro, poteva frequentare artisti, letterati ed ecclesiastici. Nel 1554 partì per Roma con il fratello Bastiano, entrando a far parte del nutrito circolo degli artisti toscani; forse ebbe modo di incontrare Michelangelo, del quale certamente studiò le opere, così come quelle di Melozzo e Raffaello. Dipinse un Autoritratto e il Ritratto di Ortensia de’ Bardi, oggi agli Uffizi, e il Ritratto di giovane con una lettera a Berlino.
Alla morte del padre, nel 1555, Angelo Bronzino divenne di fatto il capofamiglia degli Allori, e Alessandro aggiunse il cognome Bronzino al suo. Tornò a Firenze nel 1560 per decorare la cappella Montauto nella SS Annunziata, prendendo ispirazione e disegni dalla cappella Sistina.
Nel 1560 iniziò a redigere un trattato di anatomia, il Dialogo sull’arte del disegno, dedicato al Bronzino; dipinse il Cristo e i santi Cosma e Damiano di Bruxelles e la Deposizione per Santa Croce. L’anno seguente completò il Noli me tangere del Louvre e fece una breve visita a Roma per dipingere il Ritratto di Paolo Caprina, ora esposto all’Ashmolean Museum.
Il 18 ottobre 1563 venne nominato Console dell’Accademia del Disegno di Firenze, carica che mantenne fino all’aprile del 1564, e partecipò all’organizzazione delle cerimonie funebri per Michelangelo.
Durante la sua carriera, Allori collaborò con numerosi artisti e formò molti allievi, tra cui Giovanni Maria Buttieri, Giovanni Bizzelli, Cristoforo Fiorentino detto l’Altissimo, Cesare Dandini, Aurelio Lomi, John Mosnier, Giovan Battista Vanni, Monanni e Lodovico Cigoli. Ma il suo influsso sull’arte fiorentina non si fermò qui, poiché fu il padre di Cristofano Allori (1577-1621). Quest’ultimo iniziò a dipingere seguendo le orme paterne, ma poi si distaccò dai temi classicisti e dalla rigida anatomia del padre, abbracciando invece l’influenza dei pittori veneziani più naturalisti e vivaci.
Nel 1581 l’artista fece ritorno a Roma, dove realizzò diverse opere ancora oggi ricordate tra le sue più importanti.
Negli ultimi anni della sua vita e della sua carriera, Allori produsse altre opere ancora oggi degne di nota, spegnendosi, infine a Firenze nel 1607 a causa della gotta.
Le opere di Alessandro Allori sono oggi esposte in tutto il mondo, nei musei di Roma e Firenze in Italia, a Montpellier in Francia e persino a Budapest. Ma quali sono le più importanti? Ecco l’analisi di qualche esempio.
La chiesa inizialmente faceva parte del vasto complesso del convento di San Marco, che ospitava molti dei principali esponenti della spiritualità e della cultura del Quattrocento. La cappella Salviati o di Sant’Antonino, accessibile solo attraverso il museo, fu progettata da Giambologna e in gran parte decorata da Alessandro Allori. All’artista si deve la decorazione degli affreschi nella cupola, realizzata con la tecnica della grisaille (completata nel 1588), oltre alla pala d’altare raffigurante la Discesa al Limbo (commissionata prima del 1584). Le tavole sulle pareti laterali, raffiguranti Gesù che guarisce il lebbroso (a sinistra, opera di Poppi) e la Vocazione di san Matteo (a destra, di Giovan Battista Naldini), sono anch’esse coeve.
Il Cenacolo di Santa Maria Novella comprende un complesso decorativo costituito da un dipinto ad olio su tela dell’Ultima Cena e un affresco raffigurante Storie di Mosè (310×520 cm), realizzato da Alessandro Allori intorno al 1585-1597 e conservato nel Museo di Santa Maria Novella a Firenze. Quest’opera rappresenta una delle interpretazioni più originali del tema dell’Ultima Cena a Firenze, città con una lunga tradizione nella rappresentazione di questo soggetto nei conventi sin dal XIV secolo. Allori, ispirandosi al Cenacolo di Andrea del Sarto, ha rivoluzionato il tema, dando dinamismo alla tradizionale scena del banchetto, con la tavola posta parallelamente alla parete e le figure degli apostoli che si ergono e si inclinano verso il Cristo al centro. Questo ha valorizzato la forma insolita dell’opera, rettangolare ma con due semicerchi ai lati brevi. Oltre alla rappresentazione dell’annuncio del tradimento, che suscita sconcerto tra gli Apostoli, la scena sembra alludere anche all’istituzione dell’eucaristia, simboleggiata dal calice di vino sollevato da Cristo.
La maggior parte degli studiosi concorda nel considerare questo piccolo dipinto come una commissione di Francesco I, finalizzata a celebrare il suo amore per Bianca Cappello. Secondo questa ipotesi e in base all’analisi stilistica, l’opera potrebbe essere datata ai primi anni Settanta del Cinquecento. In quel periodo, Alessandro Allori lavorava per Alamanno Salviati, presso il cui palazzo ebbe l’opportunità di studiare il dipinto di Bronzino raffigurante Venere, Cupido e un satiro (attualmente conservato nella Galleria Colonna a Roma), nonché la versione di Venere e Cupido realizzata da Michele di Ridolfo del Ghirlandaio basata su un celebre cartone di Michelangelo. Da Bronzino, il maestro di Allori, quest’ultimo riprese la posa sensuale della dea, distesa su un prato, mentre dal cartone di Michelangelo trasse l’idea dello scontro amoroso tra Venere e il giovane Cupido. In quest’opera, Cupido acconsente di buon grado a essere disarmato, ricambiando lo sguardo complice e ammiccante della dea.
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