Dallo splendore dei paesaggi lacustri alla vecchia Milano, arrivando fino al Novecento, con la rappresentazione di scenari urbani: i cambiamenti della Lombardia attraverso la pittura
Le arti figurative hanno sempre giocato un ruolo cruciale nell’interpretare il paesaggio, sia naturale che urbano, con diverse tecniche e mezzi. Dalle testimonianze cartografiche alle Città Ideali del Quattrocento, passando per panorami carichi di valenze sociali e politiche, le rappresentazioni di mari, monti, laghi, pianure, colori, atmosfere e vibrazioni dei luoghi sono state realizzate da sempre alimentando l’iconicità di un luogo. La Lombardia, in particolare, ha sempre avuto un ruolo di primo piano nelle arti figurative. Attraverso secoli di evoluzione artistica, le rappresentazioni del paesaggio lombardo nelle arti figurative offrono un affascinante viaggio visivo e storico. Ogni artista, con il proprio stile e tecnica, ha contribuito a immortalare la bellezza e la complessità di questa regione, rendendola eterna attraverso la loro arte. Esploriamo alcuni esempi eccellenti.
La “Vergine delle Rocce” di Leonardo da Vinci (1483-86) è uno dei capolavori di questo genio toscano, giunto a Milano alla corte di Ludovico il Moro alla fine del Quattrocento. Leonardo, nella sua ricchissima produzione, indaga i panorami naturali con gli occhi dello scienziato e li rappresenta con quelli dell’artista. Nel dipinto, lo sfondo dietro la Vergine con Bambino, accompagnata da San Giovannino e un angelo, evoca una terra che Leonardo conosceva bene. Alcuni studiosi sostengono che si tratti della grotta di San Giovanni Battista a Laorca, sopra Lecco, e delle Grigne, montagne di roccia calcarea che segnano l’inizio delle Prealpi Orobie. Questi luoghi sono probabilmente stati ammirati dal grande artista con i propri occhi.
Bernardo Bellotto (1721-1780), nipote di Antonio Canal, detto il Canaletto, era un esponente del vedutismo veneziano. Come suo zio, Bellotto utilizzava la camera ottica, uno strumento che rifletteva l’immagine del panorama attraverso un foro chiuso da una lente sulle tele da completare. Entrambi viaggiarono per le corti d’Europa e d’Italia, e Bellotto soggiornò anche in Lombardia. Dal 1744 realizzò bellissime vedute di Vaprio, Canonica d’Adda e Gazzada. Questi oli su tela, dettagliati con una modernità quasi fotografica, ritraggono il paesaggio lombardo del tempo: il fiume, i cieli, le luci sugli edifici e le Prealpi bergamasche all’orizzonte. Villa Melzi e i campanili dei paesi raccontano un paesaggio affascinante che mantiene intatta la sua magia anche oggi.
Nell’Ottocento, il periodo Romantico trova rappresentazione nell’opera dei vedutisti lombardi. Massimo d’Azeglio (1798-1866), ad esempio, è l’autore di una suggestiva “Veduta del porto di Lecco” del 1831. Questo dipinto offre un’importante testimonianza storica, ritraendo la città in una luce dorata e calda, tipica dell’artista, che ha anche realizzato altre vedute del lago di Como.
Tra i pittori prospettici lombardi del primo Ottocento, Giovanni Migliara (1785-1837) si distingue per le sue rappresentazioni di scorci di Milano e dei paesaggi lombardi. Le sue opere, come la “Veduta di piazza del Duomo in Milano” e il “Porticato della Basilica di Sant’Ambrogio”, mostrano un’attenzione al dettaglio e alle atmosfere. Questi dipinti sono testimonianze preziose della storia di Milano, che oggi è diventata una città metropolitana.
Le campagne della Brianza, i laghi e i monti lombardi sono soggetti ricorrenti nelle opere dei pittori della Scapigliatura. Mosè Bianchi, ad esempio, è l’autore del nostalgico “Tramonto sulla Darsena a Porta Ticinese” del 1895 e “Il tram del Carrobbio”. Questi dipinti catturano i colori che ancora oggi illuminano i Navigli milanesi. Filippo Carcano (1840-1914), invece, è il caposcuola della pittura naturalista lombarda e un pioniere del Verismo. Nella tela “L’ora del riposo ai lavori dell’Esposizione del 1881”, Carcano ritrae i lavoratori in pausa con un realismo che cattura fedelmente il paesaggio urbano di Milano.
Nel Novecento, Mario Sironi (1885-1961) si distingue per la sua abilità nel dipingere l’architettura. Sironi, uno dei fondatori del movimento del Novecento, esalta la forma nei suoi paesaggi urbani di Milano, crudi ed essenziali. Le sue periferie industriali, con le mura, le strade e le fabbriche, sono emblematiche dello spirito lombardo del tempo. I suoi “paesaggi con gasometro” degli anni ’50, ispirati dalla periferia della Bovisa, in pieno sviluppo industriale, sono rappresentativi della sua visione della metropoli moderna. Milano, scelta da Sironi come città d’adozione, emerge in ogni sua tela come una città solitaria e austera.
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