Alberto Giacometti: la vita e il suo Uomo che cammina
Scultore celebre per le sue esili e filiformi figure umane, conosciamo Alberto Giacometti, noto anche come artista esistenzialista
Scultore, pittore, disegnatore e scenografo, Alberto Giacometti si è dedicato nel corso della sua carriera a tutti i generi pittorici: ritratti, nature morte e paesaggi.
Particolarmente celebri sono le sue sculture figurative dalle forme allungate ed eleganti che sicuramente avrete visto almeno una volta nella vostra vita in un museo. A causa dei suoi interessi e della sua amicizia con il filosofo francese Jean-Paul Sartre, lo svizzero Alberto Giacometti è l’artista che più viene collegato con l’esistenzialismo, una corrente di pensiero che esprime il valore intrinseco dell’esistenza umana individuale e collettiva come nucleo o cardine di riflessione.
Alberto Giacometti: vita e opere più famose
L’artista iniziò a disegnare a nove anni e realizzò la sua prima scultura a quattordici. Il padre Giovanni era un pittore post-impressionista abbastanza noto.
A diciotto anni si recò a studiare a Ginevra e poi viaggiò per l’Italia a visitare e a copiare dal vero le architetture classiche. Tre anni dopo Giacometti si trasferì a Parigi, dove studiò con Antoine Bourdelle, ex allievo di Auguste Rodin. Fino ad allora, aveva adorato i maestri rinascimentali e barocchi, ma ben presto fu ispirato dall’opera di Constantin Brancusi e di Jacques Lipchitz, e iniziò a sperimentare con cubismo e costruttivismo.
Dopo aver conosciuto André Breton, nel 1930, si unì ai surrealisti. Nel 1939 incontrò Sartre e Simone de Beauvoir, con i quali strinse amicizia.
Per fuggire dall’occupazione nazista della Francia, nel 1939 tornò a Ginevra, dove lavorò cercando di richiamare alla mente i suoi modelli e realizzando piccole sculture figurative. Fece ritorno a Parigi nel 1945: lì sviluppò il suo personalissimo stile fatto di figure magrissime.
Produsse opere in bronzo dalla finitura molto irregolare, come Uomo che cammina (venduto da Sotheby’s nel 2010 per 104 milioni di dollari): rappresentò in genere i personaggi femminili fermi e quelli maschili in cammino. Figure cariche di ambiguità e mistero, prive di emozioni e spesso dotate di teste avvizzite e piedi enormi.
Ecco, Uomo che cammina è l’esempio massimo dello stile dell’artista: la figura emaciata ma monumentale, dalla superficie rozzamente rifinata, emana una strana potenza.
Attraverso la forma innaturalmente allungata, essa intende trasmettere il senso di solitudine e di assoluta separazione tra gli individui, e sottolineare la fragilità effimera dell’esistenza umana.
Diversamente da molti scultori, Giacometti non partiva da un blocco di materiale da sbozzare e scalpellare fino a trovare la forma voluta. L’artista invece cominciava da uno scheletro di metallo a cui aggiungeva materiale prima di passare alla fusione. Questo suo stile, più figurativo che astratto, lo isola dalla tendenza generale dell’arte del secondo dopoguerra.
Le sue sculture sono vere e proprie immagini d’angoscia e spesso sono descritte come l’espressione assoluta del pessimismo esistenzialista.
I suoi dipinti e i suoi disegni riflettono la stessa inquieta e nervosa qualità delle sculture, espressa da affilati tocchi di pittura che trasmettono una desolata, inquietante bellezza.
Giacometti sosteneva di non essere mai soddisfatto dei propri lavori e di distruggere di notte quello che aveva fatto durante il giorno. Per tutta la vita utilizzò lo stesso studio parigino che aveva trovato negli anni ’20.