Le opere d’arte all’interno del parlamento sono per fini politici?
Le opere d’arte da sempre vengono strumentalizzati dai partiti, come l’ultimo caso della statua di Vera Omodeo voluta da La Russa
Durante un recente incontro con i presidenti dei vari gruppi parlamentari, il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha annunciato che nel Salone Garibaldi di Palazzo Madama, sede del Senato, sarà esposta almeno fino all’8 maggio la statua di bronzo intitolata “Dal latte materno veniamo”, creata da Vera Omodeo. Quest’opera raffigura una donna che allatta un neonato.
La decisione di La Russa è stata presa nel contesto di una controversia che ha coinvolto l’opera, dopo che il comune di Milano ha sollevato obiezioni riguardo alla sua collocazione originariamente proposta dai famigliari della scultrice, ovvero in piazza Eleonora Duse.
La scelta di La Russa assume un significato politico: mira a conferire visibilità e prestigio a una statua che, secondo gli esponenti di Fratelli d’Italia, celebra le virtù della maternità.
Questo intervento giunge dopo che una commissione di esperti del comune di Milano aveva espresso un parere negativo riguardo alla sua esposizione in uno spazio pubblico, poiché ritenuta espressione di valori non condivisi da tutti i cittadini.
Fratelli d’Italia influenza l’esposizione delle opere d’arte nel parlamento
Durante questa legislatura, non è la prima volta che i dirigenti di Fratelli d’Italia hanno influenzato la disposizione di opere d’arte nei locali del parlamento.
Nel novembre del 2023, il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, figura di spicco politicamente legata alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, fece rimuovere un ritratto di Napoleone imperatore e re d’Italia.
Il dipinto, realizzato dall’artista lombardo Andrea Appiani, è considerato di notevole importanza in quanto è uno dei pochi, se non l’unico, per cui Bonaparte abbia posato.
Appartenente alla pinacoteca di Brera a Milano e ospitato dalla Camera sin dal 1927, il ritratto era esposto in un salone del secondo piano di Montecitorio, nelle vicinanze dell’ufficio di Rampelli.
Quest’ultimo ha deciso di rimuoverlo per rispecchiare il sentimento diffuso tra i dirigenti e i parlamentari di Fratelli d’Italia, che è fortemente critico nei confronti della figura di Napoleone e dell’antica Francia.
“Mi infastidisce il fatto che sia qui, appeso nella mia anticamera nel piano più importante di un palazzo che rappresenta il tempio della sovranità nazionale. Ecco, Napoleone ha cercato di annetterla al suo impero”, commentò Rampelli, che ha poi fatto sostituire il ritratto di Napoleone con una veduta dei Bagni di Lucca, una tela dipinta a olio da Vincenzo Segarelli nell’Ottocento e di proprietà del museo di Capodimonte a Napoli, ma in deposito alla Camera dal 1926.
Questa tendenza a conferire significati politici alle opere d’arte nel Parlamento è stata evidente anche negli anni passati: sono principalmente i presidenti della Camera e del Senato – insieme ai loro vice – che decidono di dare maggior o minore rilievo ad alcune opere in base a sensibilità personali, motivazioni politiche o ideologiche, oppure necessità logistiche più pratiche.
A volte, ciò comporta l’acquisto di nuove opere d’arte, mentre altre volte, più frequentemente, si fa un diverso uso delle numerose opere già in possesso della Camera e del Senato.
Musei e gallerie d’Italia, per evitare di conservare le loro opere nei magazzini, nel corso dei decenni hanno affidato al Parlamento tele, statue, busti e altro materiale.
Camera e Senato possono esporre queste opere nei corridoi e nelle stanze per decorarle, ma è previsto che si occupino anche del loro restauro: ad esempio il 3 maggio la Camera avvierà un importante restauro del dipinto cinquecentesco Diluvio universale,consegnato in deposito alle Gallerie degli Uffizi di Firenze nel 1926 e a lungo esposto negli uffici della commissione Politiche europee, al quarto piano di Montecitorio, sede della Camera.
Il restauro potrebbe anche contribuire a chiarire se l’autore dell’opera sia effettivamente, come si crede, Francesco Dal Ponte il Giovane, detto Bassano, oppure se, come alcuni ipotizzano, si tratti di un’opera realizzata da artisti della sua bottega.
Camera e Senato conservano alcune di queste opere nei loro depositi esterni: quello del Senato è in via del Trullo, nell’immediata periferia sudest di Roma, mentre quello della Camera si trova a Castelnuovo di Porto, un comune a nord di Roma.
Lì sono conservati anche vari oggetti del ventennio fascista: busti in marmo e in bronzo di Benito Mussolini e sculture e dipinti celebrativi del regime. Fin dalla prima legislatura, subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, i parlamentari si sono chiesti cosa fare di questi oggetti e alla fine decisero di mantenerli, anche se rimuovendoli dai locali della Camera, dove erano stati esposti e conservandoli altrove.
In tempi più recenti, i presidenti di Camera e Senato si sono impegnati più volte per ampliare il patrimonio artistico del parlamento. Un esempio significativo è stato Luciano Violante: Presidente della Camera dal 1996 al 2001, ex comunista e successivamente dirigente dei Democratici di Sinistra (DS), Violante ha caratterizzato il suo mandato con un impegno generale per rinnovare l’aspetto della Camera, modificando l’ingresso su piazza Montecitorio e la struttura della piazza stessa.
Violante si trovò ad affrontare diverse richieste da parte di musei e gallerie che, nel corso degli anni, avevano chiesto la restituzione delle opere precedentemente assegnate in deposito.
Per gestire questa situazione, istituì un comitato di esperti, presieduto da Vittorio Sgarbi, incaricato di valutare le richieste e di negoziare con i musei affinché, in cambio delle opere reclamate, fossero ceduti alla Camera altri dipinti, principalmente di grandi dimensioni, anche se non di valore estremamente elevato, che erano conservati nei magazzini delle istituzioni culturali.
Grazie a questi scambi, l’aspetto di molte stanze di Montecitorio subì delle modifiche significative. Violante si assicurò che le opere più prestigiose fossero esposte nelle sale più frequentate o in quelle adibite alla massima rappresentanza diplomatica, dove venivano ricevuti ambasciatori e leader politici stranieri.
Questa decisione causò qualche malcontento tra i presidenti di commissione, i quali si videro privati di alcuni dipinti particolarmente pregiati che erano stati esposti nei loro uffici. Inoltre, Violante istituì una sorta di consuetudine con alcuni artisti contemporanei italiani: esponeva le loro opere in mostre temporanee e successivamente ne tratteneva una per Montecitorio.
Tra i vari artisti, Violante sviluppò un legame particolare con Giosetta Fioroni. Nel febbraio del 2001, al termine di una mostra dedicata a lei con 32 suoi quadri, Fioroni donò un dipinto alla Camera: “Venice”, realizzato nel 1988. Quest’opera divenne uno dei pezzi più affezionati nell’allestimento artistico di Montecitorio durante il mandato di Violante.