A Venezia è partita la Biennale dell’Arte, tra mostre fantastiche e da brividi. Vediamo quali sono quelle assolutamente imperdibili
Il 20 aprile è ufficialmente iniziata la Biennale dell’Arte a Venezia, periodo durante il quale la città si troverà immersa da arte e opere uniche. L’edizione di quest’anno si concentra sul concetto di “diversità”, sull’altrove, su coloro che sono percepiti come non convenzionali alla Biennale Arte di Venezia 2024, curata da Adriano Pedrosa e in programma dal 20 aprile al 24 novembre 2024 tra Arsenale, Giardini e altri luoghi della città lagunare. Il titolo “Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere” riflette la tesi esposta dal Curatore della Biennale, Adriano Pedrosa, e dal presidente Roberto Cicutto durante la presentazione ufficiale dell’evento, sottolineando che, in fondo, siamo tutti un po’ “stranieri”. Ma vediamo quali sono le mostre da non perdere di questa edizione.
Durante la Biennale Arte di Venezia 2024 verrà affrontato, come abbiamo già accennato, il tema degli immigrati, degli emigrati, dei diasporici, degli émigrés, degli esiliati e dei rifugiati. Si parlerà di coloro che hanno attraversato i confini tra il Sud e il Nord del mondo. Tuttavia, l’attenzione sarà principalmente rivolta agli stranieri, ampliando il concetto di questa parola e includendo chiunque sia considerato “estraneo”. Questo coinvolgerà artisti queer, frequentemente perseguitati o discriminati e costretti a navigare tra diverse identità sessuali e di genere; artisti outsider, tradizionalmente confinati ai margini del mondo dell’arte; e artisti indigeni, spesso trattati come stranieri nelle loro terre ancestrali.
Ma quali sono, quindi, le mostre imperdibili di quest’anno? Ecco la lista dettagliata
Iniziamo dall’Isola di San Giorgio, dove l’antica abbazia benedettina del XVI secolo offre lo scenario ideale per la magnifica esposizione di Berlinde De Bruyckere dal titolo “City of Refuge III”. L’artista belga presenta tre nuovi ensemble di opere che interagiscono con l’architettura della chiesa, nonché con il suo significato, il suo simbolismo e la sua storia. All’interno della navata centrale e delle navate laterali, troviamo una serie di sculture raffiguranti arcangeli velati e ibridi, dove l’umanità si confronta con il divino. Lungo la Sacrestia è invece collocata un’imponente installazione composta da tronchi d’albero abbattuti e rivestiti di cera fusa, mentre lungo il corridoio della Galleria del Monastero sono esposte varie teche contenenti altre sculture ispirate al lavoro dell’intagliatore fiammingo Albert van den Brulle. Il titolo dell’esposizione, tratto dal brano “City of Refuge III” di Nick Cave, riflette su come l’arte possa trasformare i luoghi in rifugi, rendendo questo evento uno dei momenti più intensi in assoluto.
Inserite tra il primo e il secondo piano del maestoso complesso architettonico che si affaccia su piazza San Marco, troviamo opere firmate da Francesco Vezzoli. Da trent’anni, l’artista bresciano aggiunge dettagli sorprendenti alle riproduzioni dei grandi capolavori artistici, creando la sua personale raccolta di icone piangenti, un Museo delle Lacrime da cui deriva il titolo della mostra. Attraverso le sue opere, Vezzoli si inserisce nell’allestimento originale del museo, progettato in stile modernista dal celebre architetto e designer Carlo Scarpa, mescolando la sua creazione con quella degli artisti del passato che abitano le sale. Questo dialogo silenzioso tra i capolavori riporta l’attenzione su un momento intimo e delicato, quello del pianto, trasformato in arte attraverso una serie di lacrime scintillanti.
Andiamo ora a Palazzo Cavanis, dove si tiene la mostra di Ewa Juszkiewicz, una promessa emergente nel panorama mondiale della pittura figurativa. Di origini polacche e 39 anni, Juszkiewicz crea ritratti di donne che richiamano famose opere dell’età fiamminga. I volti dei suoi soggetti non sono mai visibili, coperti talvolta da ricche composizioni floreali, altre volte da foglie secche, intricati acconciature o stoffe accuratamente piegate. Il risultato finale è affascinante e inquietante al tempo stesso.
Molto attesa è anche la mostra dedicata a Jean Cocteau presso il Peggy Guggenheim Collection. “La rivincita dell’artista” rappresenta la prima grande retrospettiva in Italia dedicata a questo enfant terrible della scena artistica francese del XX secolo. Curata da Kenneth E. Silver, l’esposizione celebra la poliedricità di Cocteau attraverso una selezione di oltre centocinquanta opere, che spaziano dai disegni alle grafiche, dai gioielli agli arazzi, dai documenti storici ai film. Il percorso espositivo si articola intorno a vari temi centrali presenti nell’opera di Jean Cocteau, tra cui l’Orfeo e la poesia, l’eros, il classico nell’arte, il legame con Venezia e Peggy Guggenheim, il cinema e il design, che si manifesta non solo nella moda ma soprattutto nei gioielli e nelle arti applicate.
Ci spostiamo ora al museo di Palazzo Grimani, dove le vivide tele di Rick Lowe trovano un suggestivo scenario. “The Arch within the Arc” si ispira alle dinamiche urbane di Venezia, ma soprattutto agli ambienti del palazzo, un raro esempio di architettura rinascimentale tosco-romana, e alla sua celebre Tribuna. Questi elementi hanno suscitato una riflessione sull’influenza estetica dell’architettura antica e premoderna. “L’artista sessantatreenne ha spiegato: “Ho iniziato ad esaminare la curva”, che è rilevante per l’arco e per l’esistenza di ogni cosa nel tempo. Tutto ha un ciclo di vita e all’interno di ogni ciclo c’è sempre una curva…“.
Un’altra mostra imperdibile è la personale di Pierre Huyghe presso Punta della Dogana. “Liminal”, curata da Anne Stenne, è un progetto innovativo che occuperà l’intera estensione dello spazio progettato da Tadao Ando fino al 24 novembre, trasformandolo in una piattaforma empatica in grado di interagire con il visitatore. Durante questo viaggio, saranno presentati di volta in volta personaggi e narrazioni, alternati alle opere più iconiche dell’artista parigino.
Da non perdere è anche la vasta esposizione alle Gallerie dell’Accademia dedicata a William de Kooning. Mai prima d’ora si è vista una retrospettiva così completa che rende omaggio al gigante dell’espressionismo astratto americano. La mostra, curata da Gary Garrels e Mario Codognato, esplora i due periodi in cui il pittore olandese ha vissuto in Italia, nel 1959 e nel 1969, e l’impatto profondo che quei soggiorni hanno avuto sul suo lavoro successivo. Il percorso espositivo presenta 75 opere che coprono un arco temporale dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta. In mostra ci sono opere rare come la selezione dei grandi disegni “Black and White Rome”, realizzati da de Kooning durante la sua prima lunga permanenza nella capitale nel 1959, e “Door to the River”, “A Tree in Naples” e “Villa Borghese”, tre dei più famosi “Pastoral Landscapes”, firmati nel suo studio di New York nel 1960, dove è evidente l’impronta dei suoi viaggi in Italia.
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