Cultura

L’impressionismo deve molto a tre donne: chi sono e quali opere le hanno rese immortali

Oltre a Manet, Monet, Renoir e altri esponenti di lusso, ci sono anche tre donne da tenere fortemente in considerazione nella corrente dell’impressionismo. Ecco chi sono

All’interno dei libri di storia dell’arte è veramente raro trovare il nome di una donna. Nel corso dei secoli, le poche artiste conosciute si distinguono per la loro eccezionalità e per l’isolamento che spesso le caratterizza, quasi sempre sostenute da figure maschili di rilievo. In passato, infatti, era impensabile, salvo rare eccezioni, che una donna potesse guadagnarsi da vivere con la propria arte, come invece facevano gli uomini. Partecipare a sodalizi artistici, poi, era un’opportunità riservata a pochissime. Con l’avvento dell’Impressionismo, per la prima volta, le pittrici si unirono, condividendo con i loro colleghi l’aspirazione a un’arte innovativa, distante dalle convenzioni e dai gusti dei saloni ufficiali. Il giornalista e critico Gustave Geoffroy le definì “Les grandes dames de l’Impressionnisme“. Vediamo di quali artiste stiamo parlando.

Le tre artiste impressioniste che hanno fatto la storia: ecco chi sono

Nei secoli antecedenti al XIX secolo, la presenza di donne pittrici era piuttosto insolita. Anche se alcune di loro riuscirono a emergere nel panorama artistico internazionale, dimostrando un grande talento, molte altre, spesso, rimasero isolate o comunque vincolate alla figura dominante di un padre-mentore. Solo con l’avvento dell’Impressionismo, per la prima volta, si creò un clima favorevole alla “pittura femminile“, e le pittrici formarono gruppi simili ai loro colleghi maschi, entrando così pienamente nell’arena artistica in una condizione di parità, condividendo l’ambizione di rivoluzionare la pittura, ma purtroppo anche affrontando le critiche conservatrici. In questa corrente furono tre le donne a contribuire maggiormente al suo fascino. Ma vediamo chi sono.

Berthe Morisot | Immagine di dominio pubblico – Artepassante

Morisot

Tra le pittrici che attraversarono le stesse strade degli impressionisti, condividendo temi e ispirazioni, spicca per il suo talento e la sua determinazione Berthe Morisot (1841-1895). Formata dal pittore romantico Corot, fu influenzata anche da Manet, di cui fu musa ispiratrice e grazie al quale si avvicinò all’Impressionismo. Il suo legame con il movimento fu rafforzato dal matrimonio con Eugène Manet, fratello del celebre pittore Édouard. Nella sua pittura, Morisot prediligeva i paesaggi e le scene di vita familiare. La sua opera più celebre, “La culla” del 1872, ritrae sua sorella Edma Morisot insieme alla sua piccola figlia Blanche. Mentre i lineamenti della madre sono descritti con precisione, la neonata, avvolta nella culla, sembra quasi essere immersa in un bozzolo, dipinto con lievi sfumature di bianco e grigio, punteggiate di rosa. Morisot partecipò alla mostra impressionista del 1874 con “La culla”, diventando la prima donna a esporre con il gruppo. Tuttavia, il dipinto attirò l’attenzione del critico Louis Leroy, il quale lo criticò aspramente su “Le Charivari”. Non fu l’unico: Morisot dovette anche affrontare commenti sessisti. Albert Wolff, un altro critico dell’epoca, scrisse su “Le Figaro”: “C’è una donna nel gruppo, come sempre, si chiama Berthe Morisot, ed è interessante da osservare. La sua grazia femminile si mescola con uno spirito quasi delirante”. Manet, che difese con fervore Morisot, sua protetta, fu quasi pronto a duellare con il critico. Tra i capolavori di Morisot spicca anche “Donna e bambina al balcone”, dipinto nel 1872. Nell’opera, una donna elegantemente vestita di scuro, seguendo la moda dell’epoca, osserva insieme a una bambina il panorama parigino, con la maestosa cupola dorata dell’Hôtel national des Invalides del XVII secolo, ancora senza la Tour Eiffel.

Mary Cassatt

La pittrice americana Mary Cassatt (1845-1926), dopo aver studiato l’arte classica europea, si trasferì a Parigi per unirsi al movimento impressionista. Prediligeva scene intime e familiari, ma era anche affascinata dal ritratto della classe borghese, di cui faceva parte, nel contesto dei suoi intrattenimenti e divertimenti nella vivace Parigi. Il teatro, ad esempio, era un luogo prediletto dalla borghesia per il tempo libero, e costituiva una fonte di ispirazione anche per lei. In “Donna in nero all’Opéra” del 1880, rappresenta una signora che osserva il pubblico dal suo palco con un binocolo. L’opera, con la sua composizione vigorosa che focalizza l’attenzione sul personaggio principale, richiama i dipinti di Manet. Nella serie dedicata al tema del teatro, spicca anche “Giovani donne nel palco” del 1882, dove due ragazze, Geneviève Mallarmé (figlia del poeta simbolista Stéphane), con un bouquet di fiori, e Mary Eleison, amica americana dell’artista, che si copre il décolleté con un grande ventaglio, sono ritratte mentre assistono a uno spettacolo.

Mary Cassatt | Immagine di dominio pubblico – Artepassante

Eva Gonzales

La terza artista impressionista fu Eva Gonzales (1849-1883), una parigina con radici spagnole. Cresciuta in una famiglia benestante e intellettuale, fu circondata dall’ambiente letterario. Sentendo una forte vocazione per la pittura, convinse i suoi genitori a permetterle di frequentare l’atelier di Charles Chaplin, un insegnante che impartiva lezioni alle giovani della classe alta. Il suo incontro con Manet, di cui divenne allieva all’età di vent’anni, ebbe un impatto significativo sul suo stile artistico. Mantenne sempre un legame stretto con il maestro e accettò anche di posare per lui come modella (provocando la gelosia di Morisot). Grazie a Manet, fu introdotta nel gruppo degli impressionisti, condividendone gli ideali e la sperimentazione audace. Accettata al Salon, ottenne anche il plauso di Zola. Morì durante il parto all’età di trentaquattro anni, lasciando dietro di sé una serie di dipinti raffinati, caratterizzati da colori tenui e sfumati. Nonostante la sua natura religiosa, timida e riservata, nella sua arte Gonzales preferì concentrarsi sulla vita delle donne, celebrando con delicata sensibilità la loro attività quotidiana, come nel suo capolavoro “La bambinaia” del 1877, in cui una giovane domestica, con un mazzolino di fiori in mano, fa compagnia a una bambina che gioca.

Federico Liberi

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