Arte

Mario Schifano e l’impatto sulla pop art

Nonostante sia affascinato dalla Pop art, Mario Schifano non condivide l’elogio del capitalismo e la visione di Warhol, ma è affascinato dalla pop art per il potere che è capace di esercitare sulle persone e sulla società

Mario Schifano è un’icona eclettica e poliedrica degli anni ’60 del Novecento e spicca come uno dei protagonisti più significativi dell’arte contemporanea.

Può essere definito una sorta di Andy Warhol tutto italiano, dal carattere eccentrico e poliedrico, amante della bella vita e innamorato della città di Roma.

Attorno alla figura di Mario Schifano, grazie alla sua attività estremamente ricca, ruotarono molte opere di cui in passato non venne verificata l’autenticità: per questo fu poi istituita una fondazione a suo nome che si occupa di preservare, classificare e custodire l’intero patrimonio artistico del pittore. Ma scopriamo di più di questo grande artista contemporaneo!

Mario Schifano: la vita e il suo impatto sulla Pop Art

Nato in Libia nel 1934, dopo la guerra la sua famiglia si trasferisce a Roma, dove Schifano, grazie all’influenza del padre archeologo e restauratore, sviluppa il suo primo interesse per l’arte lavorando al museo etrusco di Villa Giulia.

Le prime opere di Schifano, fortemente influenzate dall’arte informale degli anni ’40 e da artisti come Alberto Burri e Lucio Fontana, emergono con tele monocromatiche arricchite da collage di carta e lettere, come nel suo dipinto “No”, esposto per la prima volta nel 1959 alla Galleria Appia Antica di Roma.

Negli anni ’60, Schifano si unisce al movimento della Scuola di Piazza del Popolo e frequenta il Caffè Rosati, luogo di incontro per artisti e intellettuali.

“Deserti” di Mario Schifano – https://www.raffaellogalleria.com/ – Artepassante.it

 

Assieme ai suoi compagni nel 1960 espose alcune opere nella mostra collettiva alla Salita. Il suo stile pittorico inizialmente informale si diresse verso una pittura monocromatica: sulla tela coperta da un solo colore l’artista applicava carte incollate, segni, lettere dell’alfabeto e immagini di vario tipo.

Questa esperienza fu un trampolino di lancio verso la critica che da quel momento inizierà ad acclamarlo facendogli vincere premi quali: il Premio Lissone (1961), La Nuova Figurazione (1963) e il Premio Fiorino.

Durante le frequentazioni al Caffè Rosati conobbe Anita Pallenberg, una giovane modella che presto diventò la sua fidanzata. Insieme alla sua compagna viaggiò negli Stati Uniti dove conobbe Andy Warhol, padre della Pop Art.

A New York, Schifano frequentò la Factory (studio e luogo di ritrovo di Andy Warhol e dei suoi collaboratori) e prendendo parte nel 1963 alla mostra New Realists organizzata dalla Sidney Janis Gallery (collettiva di artisti appartenenti alla Pop Art e al Nouveau Realisme).

Presso la galleria ebbe il piacere di esporre le sue opere a fianco dei principali esponenti del Nouveau Réalisme come Christo, Klein e il suo amico e collega Mimmo Rotella.

Dopo l’esperienza americana espose in numerose mostre in tutta Europa in città quali Parigi, Milano, Roma e Venezia. In quest’ultima città, nel 1964, partecipò alla trentaduesima Biennale d’Arte esponendo una selezione di quadri riconducibili ai suoi primi esperimenti con i Paesaggi Anemici, dipinti di straordinario successo.

In Paesaggio Anemico I (1964) decostruì l’idea di paesaggio stravolgendo così il concetto stesso. Il quadro rappresenta il punto di rottura con la pittura monocromatica.

L’incontro con la musica e la sperimentazione delle sostanze stupefacenti

Durante questo periodo, Schifano esplora anche la musica e il cinema sperimentale, collaborando con Ettore Rosboch per formare la band Le stelle di Mario Schifano e stringendo amicizia con i Rolling Stones.

Grazie ai numerosi viaggi a Londra i due conobbero i Rolling Stones con i quali strinsero una profonda amicizia. Keith Richards e Mick Jagger collaborano anche al suo film Trilogia per un massacro: tutti i membri della band frequentavano assiduamente i festini tenuti da Mario nel suo appartamento a Roma, ai quali parteciparono persino molti volti importanti della musica italiana come Patty Pravo o volti della televisione come Eleonora Giorgi.

“Awakening” di Mario Schifano – Awakening//Getty Images – Artepassante.it

 

Le due compagne di Mario, Anita e Marianne, diventarono in seguito fidanzate proprio dei membri della band. Anita Pallenberg, inizialmente fidanzata del pittore, si legò sentimentalmente tempo dopo prima con Brian Jones e dopo con Keith Richards. Marianne Faithfull, anch’ella fidanzata di Mario Schifano, diventò appena dopo la rottura la compagna di Mick Jagger. Nel 1969 i Rolling Stones, in onore dell’amicizia che li legava, gli dedicarono la canzone Monkey Man.

Il suo impegno artistico e il suo stile innovativo lo portano a essere una figura di spicco nell’arte e nel cinema sperimentale italiano degli anni ’60. Anche se la sua vita è segnata dall’abuso di droghe e da problemi legali, la sua influenza nell’arte contemporanea rimane significativa.

Infatti, non è un mistero che il pittore facesse uso continuo di droghe. La sua personalità e il suo carattere compulsivo lo portarono alla tossicodipendenza. Sembrerebbe che i suoi primi rapporti con la droga furono negli Stati Uniti, dove per la prima volta provò LSD, sperimentando subito dopo

Mario Schifano condivise coi musicisti rock anche… gli eccessi.. Non è un mistero che il pittore facesse uso continuativo di droghe. La sua personalità e il suo carattere compulsivo lo portarono alla tossicodipendenza. A quanto pare, ebbe i primi rapporti con la droga negli Stati Uniti dove per la prima volta provò LSD, sperimentando subito dopo la pittura sotto effetto del stupefacente.

A Roma, il suo appartamento fu luogo di feste e di incontri, frequentemente a base di alcol e droga. Il suo rapporto con la tossicodipenza fu burrascoso e angosciato: come riporta un articolo di Repubblica scritto all’indomani della sua scomparsa (Schifano degli scandali, 27 gennaio 1998) a causa della sua dipendenza finì sei volte in prigione, una volta in manicomio criminale e più volte in clinica per disintossicarsi.

Tra gli anni ’70 e ’80 l’artista si affermò sempre di più sulla scena nazionale, acquisendo sempre più credibilità. Fu in questi anni che abbandonò per un breve periodo la pittura che secondo il suo pensiero risultava ormai essere obsoleta, optando per tecniche innovative come la serigrafia.

Ritornò più volte alla pittura nonostante il suo pensiero, ma l’amore per le sperimentazioni lo portarono a sperimentare nuovi prodotti artistici utilizzando i media e la televisione.

Caratteristiche di questo periodo furono le tele computerizzare, con cui Schifano elaborava immagini prese dal computer per riportarle su tele emulsionate.

Dopo vari problemi legati alla droga, fu finalmente reintegrato dalla condanna per possesso illecito di stupefacenti nel 1997. Morì l’anno dopo, il 26 gennaio 1998 all’Ospedale Santo Spirito di Roma, a causa di un’infarto.

Lo stile pittorico e le principali opere di Mario Schifano

Lo stile pittorico di Mario Schifano, durante i primi anni della sua carriera, fu certamente influenzato dall’arte Informale e le sue opere furono quindi contraddistinte dal rifiuto della forma e dalla dominazione della matericità sulla tela.

Dopo questo primo periodo, la pittura di Mario si concentrò verso una via monocromatica, da cui si allontanò ben presto rinnegandola.

Opere esposte al Magazzino Italian Art di New York – https://marioschifano.it/ – Artepassante.it

 

Anni dopo l’artista dichiarò infatti: “Pensavo che dipingere significasse partire da qualcosa di assolutamente primario. I primi quadri soltanto gialli con dentro niente, immagini vuote, non volevano dir nulla. Andavano di là, o di qua, di qualsiasi intenzione culturale. Volevano essere loro stessi. Fare un quadro giallo era fare un quadro giallo e basta.”

Con i suoi primi dipinti monocromatici in cui applicava lettere o carte incollate, l’artista raggiunse rapidamente l’affermazione e la fama. Prima di arrivare al successo internazionale fu di particolare interesse la serie dedicata ai paesaggi anemici dove attuò sperimentazioni radicali decostruendo l’immagine paesaggistica.

Durante la fine degli anni sessanta si avvicinò a mondi distanti dalla pittura come il cinema, producendo pellicole indipendenti, o come la musica, fondando il gruppo musicale “Le stelle di Mario Schifano”.

Anni dopo portò in Italia la Pop Art lavorando ad opere quali cartelloni, scritte e loghi pubblicitari come quelli di Coca Cola o di Esso. Fu proprio in questo periodo che l’artista si affacciò a nuovi strumenti innovativi. La serigrafia gli consentì la produzione di parecchie opere in poco tempo, con ottimi risultati anche economici.

Tra le opere più celebri del pittore è importante ricordare le tele emulsionate (Paesaggi TV), in cui riproponeva immagini televisive di uso quotidiano rielaborando la scena solo con il colore. La sua passione verso l’arte e il suo talento versatile lo portarono a compiere numerosi esperimenti artistici.

Per tracciare un possibile percorso nell’arte di Mario Schifano, si potrebbe partire da Paesaggio Anemico I, una delle prime tele della serie omonima dell’artista, in cui viene abbandonata la pittura monocromatica per passare a temi legati al paesaggio.

L’opera fu esposta per la prima volta alla trentaduesima Biennale di Venezia del 1964: il dipinto rappresenta in sintesi la decostruzione di una tipica rappresentazione paesaggistica. La tela, principalmente ricoperta da una tonalità azzurra che simboleggia il cielo sereno, è coperta da macchie bianche che corrispondono a nuvole.

In aggiunta aggiunge sulla tela elementi geometrici di colore rosso che enfatizzano la meccanicità del dipinto. Commentando l’opera Mario dichiarò: “Ho cercato di lavorare con immagini che ciascuno vede o ha visto, mettendo in luce la loro essenza, affinché possano emergere le loro possibilità germinali e primarie. Guardare è la prima azione, poi ci si sofferma”.

Più avanti, Influenzato dalla Pop Art americana, con cui entrò in contatto nel suo viaggio negli Stati Uniti, conoscendo e frequentando di persona Andy Warhol, Mario tornò in Italia e a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta producendo una serie di dipinti di carattere Pop.

Un esempio tra tutti è Segno di Energia (1977-1980), dove il pittore rappresenta il logo dell’importantissima società petrolifera Esso, iniziando cosi una riproduzione in serie di opere simili tra loro. Andy Warhol, suo ispiratore e padre della Pop Art, in America anni prima aveva proposto riproduzioni in serie e in più versione della zuppa Campbell’s: tra i loghi prediletti e rappresentati sulle tele di Mario Schifano troviamo il marchio della Esso e quello della Coca Cola.

Tra le opere tarde di Mario Schifano troviamo anche i celebri Paesaggi TV: nell’ultimo periodo della sua vita venne in contatto con il mondo della televisione da cui si ispirò per la creazione di queste sue tele.

Mario si interessò così alla multimedialità e ai nuovi media. La serie presenta in ogni dipinto la stessa impostazione: l’ingombro di un televisore inquadra le scene dei diversi dipinti, dove ogni opera cattura precisamente un fermo immagine di una scena immortalandola come se fosse una fotografia o un fotogramma di un film.

Al bianco e nero viene contrapposta e aggiunta una pittura dai colori sgargianti e psichedelici che dona alle tele un maggior senso di disturbo e irrealtà. Meritano in fine un cenno i film sperimentali dell’artista, tra cui Umano non Umano, del 1971, che di queste pellicole è sicuramente quella più popolare e iconica.

Come anticipato, il film fa parte della Trilogia per un massacro: Il lungometraggio partecipò alla trentesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografia di Venezia. Il film, prodotto nel 1969, fu ripresentato alla sessantaseiesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografia di Venezia grazie al restauro della pellicola avvenuto nel 2009 a cura della Cineteca Nazionale. Umano non Umano pone l’accento sull’incomunicabilità del mondo contemporaneo rappresentando una fotografia dell’Italia degli anni Settanta. Il film vede difatti il contrapporsi di salotti borghesi con rivolte operaie.

L’attività artistica del pittore fu estremamente ricca e prolifica, durante il corso della sua vita ebbe infatti l’opportunità di partecipare a numerose mostre sia personali che collettive. Ad oggi, la fondazione a suo nome è incaricata di salvaguardare le opere del maestro, nonostante l’istituzione non sia aperta al pubblico conservare svariate opere dell’artista.

Diverse sue opere sono conservate in importanti musei italiani come la Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea a Roma, il Museo d’Arte Contemporanea a Roma (MACRO), il Museo d’Arte Moderna di Bologna (MAMbo) e presso la Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano.

Giulia De Sanctis

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