L’esposizione è visitabile gratuitamente a Palazzo Piacentini, nel centro di Roma, con installazioni dedicate ai grandi marchi del Made in Italy
L’Italia e l’italianità di fatto sono qualcosa di immediatamente riconoscibile. I suoi paesaggi lo sono, come anche il suo cibo, la sua gente e tutti quei prodotti che per noi rappresentano la quotidianità ma che, osservati dall’esterno, risultano esotici ma allo stesso tempo indiscutibilmente italiani. Ma lo stesso vale per tutti i Paesi del Mondo, ognuno con i propri simboli. Ogni Paese, infatti, può a suo modo essere un brand. Nel modo di vivere di chi lo abita, nella storia e nella cultura.
Secondo i dati statistici, l’Italia è il primo Paese al Mondo per influenza culturale e prestigio e il secondo in qualità di attrattività turistica.
Il Made in Italy, ovvero tutta quella filiera di produzione ed esportazione dei prodotti realizzati nel nostro Paese, rappresenta una punta di diamante per l’immagine che l’Italia comunica al Mondo. Secondo un’indagine condotta da Confindustria, “Esportare la Dolce vita”, il giro d’affari attorno al Made in Italy si aggira attorno ai 122 miliardi.
Tali attività riguardano diversi settori fra moda, alimentare, arredo, ma anche ceramica, cosmetica, nautica e automobilistica.
Tuttavia il fattore “Made in Italy” va ben oltre il mero prodotto in sé. Lo sanno bene i pubblicitari e chi si occupa di comunicazione: un prodotto non è solo un oggetto, ma si porta dentro storia, riflessioni, ingegno. Di fatto, un fruitore internazionale che compra un prodotto del Made in Italy non acquista semplicemente una generica cosa, ma anche e soprattutto un immaginario. Un immaginario fatto di rimandi, di ammirazione e di desiderio.
Com’è nato il concetto di “Made in Italy”?
La storia della manifattura italiana ha origini antichissime. Tuttavia, si possono rintracciare i prodromi della sua promozione nelle famose esposizioni tanto in voga nel corso dell’Ottocento. Basti ricordare quella di Londra del 1851 e del 1862, di Parigi 1878, 1889, 1900, 1902, di Torino nel 1902, di Saint Louis del 1903, di Bruxelles e Buenos Aires nel 1910 e di San Francisco 1910, fra le prime.
È inoltre dalla fine dell’Ottocento che ci si interroga e si dibatte sul senso e sulla natura di un prodotto puro, essenzilamente italiano. Alcune riviste ne iniziano a parlare in questo periodo, come Arte italiana decorativa e industriale di Camillo Boito (tra il 1890 e il 1911) ed Emporium (1895-1964 di Paolo Gaffuri e Arcangelo Ghisleri) e, ancor prima, seppur in una maniera meno manifesta, sul Politecnico di Carlo Cattaneo.
Tutte, indistintamente, fondamentali per la nascita, la consolidazione e il successo di quello che verrà successivamente universalmente riconosciuto come ‘Italian style’.
Una prima definizione di Made in Italy viene proprio da Boito, il quale nel 1881 pronuncia queste parole in occasione della conferenza sulle Industrie Artistiche:
“Bellezza e la grazia possono trovare, più o meno, il loro luogo adattato: nei navigli e nelle carrozze; nei finimenti da cavallo e nelle valigie da viaggio; nei tessuti, nei nastri, nelle scatole dei fiammiferi. La bellezza si caccia, anche in quei rumorosi ordigni di ferro e d’acciaio i quali servono a produrre moto.”
Con tali parole, Boito intendeva esaltare la caratteristica totalizzante dell’italianità nel contesto della produzione artistica quanto in quella tecnica.
L’Italia, in termini di immagine e di immaginario, ha tratto enormi benefici dal suo passato glorioso. Dall’età classica al medioevo fino a giungere all’epoca di massimo splendore e ingegno: il Rinascimento. Per uno straniero, l’Italia è ancora innegabilmente il Paese del Rinascimento. Il “bello e ben fatto” rintracciabile tanto in un quadro quanto in un capo di pelletteria, quanto ancora in un palazzo del centro di Firenze.
Un primo riconoscimento del valore del Made in Italy avviene già a metà degli anni Venti del Novecento, quando il concetto era però ancora strettamente legato all’esaltazione del Fascismo e dei suoi ingegni. Tuttavia, l’artigianato italiano nel suo senso più lato vede la propria consacrazione dagli anni Ottanta, sull’onda dell’ottimismo e della crescita economica che ha caratterizzato quel decennio.
Quando i marchi italiani diventano icone
Che i marchi italiani siano immediatamente riconoscibili e iconici è fatto noto. Non è difficile trovare un po’ ovunque le riproduzioni di pubblicità di Depero – noto per aver creato i manifesti per Campari, fra gli altri. Ma anche illustrazioni tratte da cartoline dalla Riviera romagnola o ligure, da Roma col suo Colosseo (specie dopo l’uscita di Vacanze Romane nel 1953) o dalla costiera amalfitana.
Fra tutte spicca sicuramente la Vespa (brevettata nel 1946 da Corradino D’Ascanio), divenuta sinonimo di italianità nel mondo per la sua linea pulita, sobria, elegante e funzionale al contempo.
Ma anche la moka, la “macchinetta del caffè” presente in tutte le case d’Italia, che fu brevettata da Bialetti nel 1933. O anche la Cedrata Tassoni, nella sua iconica veste grafica verde e gialla.
Gli esempi sarebbero pressoché infiniti, ma li accomuna una caratteristica: ovunque, l’Italia è immediatamente riconoscibile. Tutti, indistintamente, parlano di uno stile di vita, di una cultura culinaria, ma anche di un senso di comunità che caratterizza questi manufatti, e lo stile col quale venivano promossi al pubblico.
C’è da dire che inoltre l’Italia, forse più di ogni altro Paese, viene ancora oggi percepita attraverso un filtro seppia, nostalgico, nonostante la globalizzazione abbia già da molto tempo sortito i propri effetti.
Identitalia, la storia d’Italia attraverso i suoi marchi storici
L’esposizione è ospitata all’interno del centralissimo Palazzo Piacentini in via Veneto 33, già sede del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Entrare nella mostra significa immergersi nella storia dei marchi che noi tutti conosciamo e riconosciamo.
All’iniziativa hanno aderito oltre 100 aziende per un totale di 113 marchi provenienti da tutti i settori. La mostra nasce per celebrare i 140 anni di vita dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, che nel 2019 si è arricchito del Registro Speciale dei Marchi Storici di Interesse Nazionale, contenente i brand iscritti da più di cinquant’anni e ancora oggi attivi.
Scopo della mostra, curata dai professori Carlo Martino e Francesco Zurlo, docenti di Design all’Università La Sapienza di Roma e al Politecnico di Milano, è la valorizzazione del patrimonio industriale, progettuale e materiale del nostro Paese, fra storie imprenditoriali di successo, di design unici che hanno cambiato il modo di comunicare un’immagine non solo delle singole aziende, ma anche dell’Italia stessa.
Lo spettatore si trova immerso fra disegni originali, pezzi rappresentativi, fotografie, documenti storici, manifesti pubblicitari, proiezione di spot e video. L’osservatore viene accompagnato nelle fasi della giornata, dal risveglio, alla mattinata, al pomeriggio, alla sera, alla notte, in un percorso fra i marchi che fanno parte del vivere quotidiano. Fra questi inconfondibili quelli di Nutella, Barilla, Campari, Lavazza. Ma anche manifesti, programmi tv e pubblicità, fra i quali sicuramente spicca l’indimenticabile Carosello.
La visita a Identitalia è un’occasione da cogliere, specie per gli amanti della pubblicità, della moda e della storia della cultura materiale del nostro Paese.
La mostra è stata inaugurata il 13 febbraio di quest’anno e sarà visitabile fino al 6 aprile. L’accesso è consentito il venerdì pomeriggio dalle 17 alle 20 e il sabato e la domenica dalle 10 alle 20.