Il 24 febbraio i fan di David Lynch celebrano l’uscita del telefilm che più di ogni altro ha cambiato il volto della serialità televisiva
David Keith Lynch è riconosciuto, a oggi, come uno dei registi più iconici del cinema internazionale. Nasce il 20 gennaio del 1946 a Missoula, nel Montana, e da subito manifesta il desiderio di dedicarsi all’arte. Prima di diplomarsi alle scuole superiori inizia a frequentare la Corcoran School of Art di Washington e poi alla School of the Museum of Fine Arts di Boston, periodo durante il quale lavora in un negozio di cornici. In seguito, decide di partire per l’Austria con l’intenzione di studiare il pittore espressionista Oskar Kokoschka, ma vi rimarrà solo per 15 giorni. Tornato negli Stati Uniti, nel 1966 inizia a studiare disegno presso la Pennsylvania School of Fine Arts. È nel contesto di questa scuola d’arte che Lynch si avvicina sempre di più alla settima arte, iniziando a realizzare i primi cortometraggi .
Nel 1977 esce finalmente (e non senza inciampi sul cammino dovuti alla mancanza di fondi) il lungometraggio Eraserhead, che lo consacra a regista di culto per il suo stile angosciante, onirico e dai tratti orrorifico. Caratteristiche, queste, che ne diverranno la cifra stilistica, insieme alla fascinazione per la vecchia Hollywood.
Nel 1980 esce invece The Elephant Man, basato sulla biografia dell’inglese John Merrick.
La carriera di Lynch subisce però un duro colpo in seguito alla realizzazione di Dune, tratto dalla celebre saga di fantascienza di Frank Herbert. Dune si rivela un fiasco al botteghino, soprattutto per i numerosi tagli in fase di montaggio da parte della produzione, eseguiti tanto barbaramente da aver reso il film impossibile da comprendere.
Per un po’, Lynch si ritira dalle scene, dedicandosi alla fotografia.
La rivalsa arriva nel 1986 con Velluto Blu, che fissa definitivamente lo stile di David Lynch, rendendolo facilmente riconoscibile. A metà degli anni Ottanta, Lynch inizia la lenta realizzazione di Twin Peaks in collaborazione con il regista e sceneggiatore Mark Frost.
Nel 1990 esce il road movie Wild at Heart: Cuore Selvaggio, con protagonisti Nicholas Cage e Laura Dern.
Nel 1997 è di nuovo al cinema con il noir Lost Highways e nel 1999 col film biografico A Straigt Story, ispirato dalla vita di Alvin Straight.
Sempre nel 1999 un’altra pellicola consacra Lynch nell’Olimpo di Hollywood, che è Mulholland Drive.
Nel 2005 esce nelle sale uno dei film più profondamente inquietanti del regista, cioè Inland Empire.
A seguito di una lunga pausa dal cinema, nel 2014 Lynch annuncia, per la gioia dei fan, la messa in lavorazione della terza stagione di Twin Peaks, che debutta nel 2017.
Dopo l’uscita di Blue Velvet nel 1986, la Warner Bros è interessata a far realizzare da Lynch un film ispirato a The Goddess, biografia basata sulla vita di Marylin Monroe (Chris Rodley (a cura di), Lynch secondo Lynch, (tradotto da) Marco Borroni, Baldini Castoldi Dalai Editore, 1998).
La serie è frutto dell’incontro avvenuto nel 1986, fra Lynch e lo sceneggiatore Mark Frost, già la mente dietro ad altri prodotti audiovisivi di successo negli Stati Uniti, voluto proprio da Warner Bros. La regia e la sceneggiatura, infatti, sono affidate a entrambi.
Twin Peaks rappresenta indubbiamente la summa di tutta la poetica di Lynch, fra stilemi tipici del genere noir, horror, onirico e revival degli anni ‘50.
La serie prende le mosse dal ritrovamento del cadavere della giovane e bella liceale Laura Palmer da parte di Pete Martell, taglialegna che si sta recando a pesca nei pressi del fiume. L’evento getta nel terrore e nell’inquietudine la realtà di una piccola città di provincia dello Stato di Washington, Twin Peaks appunto, situata a cinque miglia dal confine col Canada. L’agente speciale Dale Cooper, incaricato dall’FBI, viene mandato a indagare. Quella che emerge è una realtà molto diversa da quella della cittadina “dove non succede mai niente”. Non solo Laura Palmer, un membro amato e stimato della comunità, è agli antipodi rispetto a quella che tutti vedevano come una tranquilla e dolce liceale, ma l’intera cittadina è marcia al suo interno.
I personaggi fanno parte, anche inconsapevolmente, di un ingranaggio malsano, un meccanismo fatto di violenza, di interessi, di sfruttamento della prostituzione, di giri criminali pericolosi. Eppure, ciò che conta, è il mantenimento delle apparenze. E questo è qualcosa di profondamente radicato nelle piccole realtà di provincia, a ogni latitudine.
La soluzione da parte dell’agente Cooper e dello sceriffo Truman del mistero infatti non avrà nulla di semplice o di lineare. Da un apparentemente semplice caso di omicidio, infatti, i personaggi (e con loro gli spettatori) si trovano a scendere in un vortice morboso e inquietante. Un vero e proprio incubo a occhi aperti che sembra dipanarsi dinanzi ai loro occhi, ma che genera al contempo un’inspiegabile fascinazione per lo spettatore.
Una nota di merito va inoltre al compositore della colonna sonora, Angelo Badalamenti, che è stato in grado attraverso la musica di dare pieno risalto alla storia. Si va dagli slanci lirici e drammatici, a musiche jazz e dark jazz che riportano alla mente gli scenari noir tanto amati dal regista. Di fatto, la sigla di Twin Peaks è entrata anch’essa nell’immaginario pop. Il tutto, spiega Badalamenti, grazie al costante confronto con Lynch.
Ogni 24 febbraio riecheggiano nella mente dei fan di Twin Peaks le parole del monologo che l’agente Cooper pronuncia entrando nella cittadina per indagare sulla misteriosa scomparsa e morte di Laura Palmer. La scena del viaggio in auto durante il quale Dale Cooper parla con la sua assistente Diane è entrato a far parte della cultura pop. Nel corso del monologo, infatti, vengono gettate le fondamenta narrative della presenza di Cooper a Twin Peaks. Ma ne emergono anche le caratteristiche in quanto a costruzione del personaggio, le sue idiosincrasie, la sua fissazione per il caffè e per le crostate, i suoi metodi d’indagine non convenzionali, la sua incrollabile onestà. Questo, ancora una volta, a sottolineare quanto un prodotto televisivo, seppur nato sotto una cattiva stella, abbia trovato e trovi ancora spazio per essere apprezzato.
Dopo aver guardato Twin Peaks, è impossibile non pensare che da lì sia nato quasi tutto l’immaginario della serialità televisiva che oggi conosciamo. Di fatto, si può dire che la fiction di Lynch abbia gettato le basi per molti altri prodotti televisivi. Ma ha anche dato vita a tutta una serie di topos facilmente riconoscibili e rintracciabili dalla fine degli anni Ottanta in avanti. Basti pensare all’ambientazione del classico liceo americano, dove fra gli armadietti e i campi da football, si incrociano le vicende più o meno scabrose degli studenti. In effetti, è una delle prima serie in cui viene mostrato il volto più oscuro e meno innocente patinato degli adolescenti, fra sesso, abusi di droga e legami con la criminalità.
Poi, l’elemento del sovrannaturale che abbiamo seguito e amato in X-Files. E ancora, la tematica crime e investigativa che caratterizza I Sopranos, True Detctive, Lost. E, in fine, il tema dell’inquietudine, dell’onirico e del distopico ampiamente esplorata in Black Mirror. Ma anche il ricorso a soluzioni più “camp” (che oggi definiremmo “trash”), come la presenza costante di richiami alle grottesche serie tv drammatiche anni Ottanta.
Ma non solo televisione. A pochissimi fruitori dei social sarà capitato di non imbattersi in meme che fanno riferimento a Twin Peaks, facendo ironia su alcuni degli aspetti più iconici della serie. Si pensi, anzitutto, all’evento della scomparsa e morte di Laura Palmer.
Insomma, per chi ama davvero le serie tv di spessore, I segreti di Twin Peaks rappresenta un pezzo irrinunciabile. Un vero e proprio capolavoro di avanguardia e di narrazione.
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